Cosa possiamo imparare dal caso spagnolo sulle “Città 30”
di Davide Tumminelli
1. Qualche giorno fa, complice l’attivazione nel Comune di Bologna di una vasta zona (70% delle strade urbane) dove i veicoli non potranno superare i 30 km/h, gli organi di stampa italiani, incuriositi, hanno pubblicato una serie di articoli sul tema, in cui si richiamano azioni simili intraprese a livello internazionale che, a dire degli Autori, dimostrerebbero il successo a lungo termine di simili approcci regolatori.
Il modello più citato per numero di esperienze è stato senza dubbio quello spagnolo. Anche il sito ufficiale del Comune di Bologna dedicato all’iniziativa dimostra quanto questa esperienza sia stata centrale nell’elaborazione della misura. Su bolognacitta30.it, nella sezione “Città 30 nel mondo”, l’esempio iberico si mostra, infatti, come assoluto protagonista. Vengono riportati i dati e le normative di quattro città spagnole e vengono fatte risaltare le modifiche legislative statali recenti del Paese che lo rendo al momento l’unico (il Galles potrebbe farlo a breve) a essersi dotato di una legislazione nazionale sul tema, elemento di cui si dirà oltre. Gli altri esempi, invece, afferiscono a città europee ed extraeuropee appartenenti, eccetto il caso della Gran Bretagna, a realtà nazionali differenti.
Viene però da chiedersi se, effettivamente, questo modello associato dai commentatori e dagli amministratori italiani, oltre che alle nuove norme aventi carattere nazionale, alle specifiche realtà di Bilbao, Barcellona, Valencia e Madrid (ci sarebbe, in realtà, anche Siviglia, che ultimamente sta puntando molto su azioni simili), sia davvero così efficiente, efficace, e soprattutto semplice da seguire.
Per rispondere a questo quesito non resta che osservare attentamente quanto avviene nelle città menzionate.
2. Partendo dal caso di Bilbao, prima città al mondo con più di 300.000 abitanti a limitare entro i 30 km/h la velocità nella totalità del territorio urbano, uno degli articoli richiamati, pubblicato il 16 gennaio sul Corriere della Sera (edizione di Bologna), fa risaltare che a partire dal 2020 (anno di entrata in vigore dei nuovi limiti), le multe per “passaggio con il rosso” sono diminuite del 43%. Nell’articolo non è riportata la fonte e non è quindi possibile verificare questo dato, ma sicuramente merita di essere evidenziato un altro dato attinente alle sanzioni collegate direttamente ai nuovi limiti di velocità introdotti nella città basca: lo studio “de velocidad real en ciudad”, pubblicato il 3 maggio 2022 e realizzato dalla Fundación AXA nell’ambito del progetto “Ponle Freno”, mostra che, in base a una rilevazione costante effettuata su tutto il territorio urbano tramite autovelox mobili, solo il 44% degli automobilisti di Bilbao rispetta i nuovi limiti di velocità prescritti. Con questo non si intende dire, ovviamente, che il mancato rispetto di una norma da parte dei cittadini equivale alla sua inutilità, ma non dev’essere sottovalutato il dato reale: se l’obiettivo principale su cui si fonda la norma è quello di ridurre vittime della strada e incidenti (come avviene nella maggior parte dei casi, compreso quello bolognese), il raggiungimento dell’obiettivo passa inevitabilmente dalla sua applicazione effettiva. Le misure andrebbero sempre accompagnate da verifiche costanti e da azioni utili all’indirizzamento della cittadinanza verso il loro compimento.
Lo studio appena citato, peraltro, offre dati utili anche con riferimento alle altre città spagnole in cui sono stati introdotti limiti di velocità inferiori ai 50 km/h nell’area urbana. A Valencia, città in cui l’esperimento “30 km/h” è iniziato fin dal 2016 e attualmente interessa 2.374 strade urbane (64,3% del totale), la velocità media registrata nell’area urbana è pari a 84 km/h, ben 54 km/h oltre quella che dovrebbe essere l’andatura standard. Nella stessa città, infatti, il 40% dei mezzi di trasporto finiti sotto la lente d’ingrandimento dei ricercatori andava oltre il limite prestabilito. Bilbao e Valencia non sono certo i soli esempi negativi, dato che anche a Madrid un’alta percentuale dei conducenti (55%) viola abitualmente i limiti prescritti. Uniche eccezioni: Siviglia e Barcellona, dove nelle aree sottoposte a verifica, il limite dei 30 km/h è rispettato da quasi l’80% degli automobilisti.
Eppure, proprio l’esperienza della città catalana smentisce un’altra affermazione contenuta nel medesimo articolo e nel sito bolognacitta30.it, secondo cui, rispetto all’imposizione di limiti di velocità più stringenti nelle città richiamate, “nessuno è tornato indietro”. Il 13 luglio 2023, invece, dopo due anni di sperimentazione del limite dei 30 km/h su quasi il 70% delle strade urbane, il Comune di Barcellona ha optato per una parziale marcia indietro e deciso che, a partire dall’1 agosto 2023, il limite di velocità di 30 km/h individuato nella totalità delle strade urbane vicine a plessi scolastici non sarà più applicato al di fuori dell’orario scolastico. Inoltre, su molte arterie fondamentali, il limite di velocità di 30 km/h è ora in vigore solo dal lunedì al sabato, tra le ore 7.00 e le 22.00. Di notte, la domenica, nei giorni festivi e per tutto il mese di agosto, la velocità massima consentita su molte delle strade di Barcellona interessate dalla modifica del 2021 (33 arterie in tutto) è tornata quella dei 50 km/h. Barcellona sta quindi optando per una “Città 30” a carattere “dinamico”, tentando di coniugare le varie esigenze contrapposte grazie alla previsione di limiti “flessibili”.
3. Cercando di guardare al di là delle singole esperienze singolarmente considerate, è proprio il concetto di “flessibilità” a descrivere meglio di ogni altro l’esperienza spagnola in tema di limiti stradali urbani. Le varie sperimentazioni cittadine di cui si è detto, infatti, non rappresentano isolate politiche urbane, ma seguono direttamente una scelta del livello di governo centrale. Tramite il Real Decreto n. 970, del 10 novembre 2020, infatti, sono stati modificati sia il Reglamento General de Circulación, approvato con il Real Decreto n. 142 del 21 novembre 2003, sia il Reglamento General de Vehículos, approvato con Real Decreto n. 2822 del 23 dicembre 1998, in materia di medidas urbanas de tráfico. Ossia norme generali, applicabili in ogni angolo del paese, riguardanti la circolazione stradale su tutto il territorio nazionale. Come se da noi fosse stato modificato il Codice della strada, in sostanza, per permettere l’introduzione di limiti più stringenti e variabili a seconda delle esigenze delle diverse aree del paese. Tramite questo intervento, il vecchio e generale limite di 50 km/h prescritto per le aree urbane spagnole è stato sostituito da limiti diversi, ispirati alle caratteristiche delle strade e alle modalità di circolazione.
Secondo il nuovo articolo 50 del Real Decreto n. 1428/2003 (Límites de velocidad en vías urbanas y travesías), oggi in Spagna, qualora a livello locale non sia prevista una differente disciplina (ammessa entro i confini individuati dal regolamento stesso), i limiti di velocità sono i seguenti:
– 20 km/h quando si tratta di strade a senso unico con la carreggiata e il marciapiede allo stesso livello. Per dare un’idea, si tratta di strade dei centri urbani in cui i pedoni hanno sempre la precedenza su ogni tipo di veicolo;
– 30 km/h, anch’esso in strade a senso unico, ma non a “piattaforma unica”, ossia in cui il marciapiede si trova a un livello superiore rispetto alla carreggiata;
– 50 km/h quando ci sono due o più corsie per senso di marcia.
In effetti, va notato che, fatta eccezione per Bilbao, in tutte le città spagnole l’introduzione di limiti segue l’indirizzo statale e il limite di 30 km/h interessa principalmente le strade a unico senso di marcia. Può dunque concludersi che la Spagna stia adottando un approccio al tema principalmente tramite “specificazione” e “differenziazione”, cercando di individuare, caso per caso, il limite e la sua applicazione più efficace, in modo simile a quanto si ripropongono di fare, anche in Italia, alcune recenti iniziative legislative.
4. Ma c’è un’ultima considerazione che va fatta. Il concetto stesso di “Città 30” dev’essere “maneggiato con cura”, evitando di ridurre la riflessione al mero dato numerico e alla scelta inerente ai limiti da rispettare alla guida. Analizzando bene tutte le esperienze spagnole e internazionali emerge uno scenario, ben più ampio, che rivela una grande attenzione da parte delle amministrazioni locali alle alternative al “veicolo a motore” e all’offerta e ottimizzazione dei servizi pubblici locali. Continuando a tenere come riferimento culturale la Spagna e tutto ciò che ruota attorno alle ordinanze municipali di modifica dei limiti di velocità urbana in questo Paese, ci si rende conto che gli interventi sono sempre accompagnati da una serie di azioni collegate, pianificate e sperimentate per anni, che vedono nel concetto di “mobilità sostenibile” il cuore pulsante della maggior parte delle nuove politiche pubbliche di trasporto.
A Madrid, ad esempio, i nuovi limiti di velocità sono solo l’ultimo tassello di una strategia amministrativa ben più ampia che punta a creare due “Zone di Protezione Speciale a Bassa Emissione” tramite a) il divieto di accesso in tutta la zona urbana ai veicoli di proprietà dei non residenti (salve poche e specifiche eccezioni); b) nuove norme per i monopattini elettrici e le biciclette (il cui uso è incentivato, ma è sottoposto a una puntuale regolazione); c) implementazione e miglioramento della mobilità “verde” e, in particolare, di quella pubblica. E proprio quest’ultimo punto sembra essere quello in grado di far fare il salto di qualità alle azioni qui analizzate. Madrid ha infatti creato, prima di imporre i nuovi limiti, corridoi verdi intraurbani da percorrere in bici e a piedi che collegano gli spazi verdi urbani con le grandi aree verdi periurbane; ha stanziato ingenti somme per l’aumento dei mezzi pubblici a disposizione della cittadinanza, acquistando soprattutto autobus elettrici; ha implementato in modo esponenziale le “stazioni di carica” per veicoli elettrici privati; e, soprattutto, ha iniziato a usare le nuove tecnologie per creare servizi innovativi che nelle nostre città al momento sembrano essere impensabili, come quello che permette fin dal 2020, sia nelle ore diurne che in quelle notturne, nelle aree a bassa densità di popolazione o lontane dai quartieri residenziali presenti non solo nell’area cittadina ma in tutto il circondario, di richiedere fino a due ore prima del servizio, tramite l’app mobile Bus Direct (disponibile sia per Android che per iOS) o tramite prenotazione telefonica, che un autobus pubblico (o in alternativa un taxi al prezzo calmierato in caso di aree remote o indisponibilità del servizio) si fermi all’ora e nella destinazione richiesta.
5. Come tutti i “modelli”, dunque, anche quello spagnolo inerente alla mobilità urbana non dev’essere preso a riferimento in base ad un’analisi superficiale limitata a pochi e selezionati aspetti, ma dev’essere studiato e compreso in profondità, nel suo complesso, per riuscire a coglierne tanto le potenzialità e i vantaggi, quanto i possibili rischi e gli elementi di complicazione che discendono dall’adozione delle politiche pubbliche.
La visione d’insieme è un presupposto fondamentale per compiere scelte accurate. I “dati”, infatti, se non inseriti in un quadro conoscitivo completo, rischiano di uscirne distorti. Quella che sembra una “verità” indiscutibile nella letteratura internazionale (“It (il limite di 30 km/h) reduces accidents, makes transports safer and gets people using public transport and cycling, thus improving air quality and reducing noise pollution”), è costretta inevitabilmente, come osservato in un intervento comparso nel dibattito di questi giorni, a scontrarsi con il contesto di ogni singola città e con ciò che avviene al suo interno.
D’altronde, viviamo in una realtà complessa, in cui le politiche pubbliche tendono a interagire tra loro in maniera non lineare, ma secondo dinamiche circolari. Ogni singola componente dell’azione pubblica impatta su altre che a prima vista possono sembrare indipendenti, comportando risultati non preventivati, spesso anche disfunzionali.
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